COSTRINGERE L’EX A SUBIRE UNA CONVERSAZIONE: <<VIOLENZA PRIVATA>> O <<SEQUESTRO DI PERSONA>>?
Il reato di violenza privata previsto dall’articolo 610 del codice penale.
L’articolo 610 del codice penale punisce con la reclusione fino a quattro anni <<chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa>>.
Tale reato si pone a tutela del bene giuridico della libertà morale quale facoltà di determinarsi in maniera spontanea, in base a processi motivazionali autonomi.
La condotta incriminata consiste nell’uso della violenza o della minaccia quale mezzo per costringere altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa.
Per violenza non deve intendersi solo quella fisica (cosiddetta violenza propria), ma quella attuata con qualunque mezzo idoneo a condizionare la volontà della vittima (cosiddetta violenza impropria).
La minaccia è invece l’altra modalità della condotta, e consiste nel prospettare ad una persona un male ingiusto, la cui verificazione dipende dalla volontà di chi la pone in essere (che è il cosiddetto agente).
Trattandosi di reato di evento, alla minaccia o alla violenza deve seguire una conseguenza ben determinata, ossia il fare, tollerare, od omettere qualche cosa da parte della vittima.
Il reato di sequestro di persona previsto dall’articolo 605 del codice penale.
Il reato di sequestro di persona è rubricato invece all’articolo 605, che punisce con la reclusione da sei mesi a otto anni <<chiunque priva taluno della libertà personale>>.
La disposizione normativa in questione prevede una pena diversa e aumentata in determinate ipotesi espressamente indicate.
La pena è per esempio della reclusione da uno a dieci anni se il fatto viene commesso ai danni di un ascendente, di un discendente o del coniuge, o se viene commesso da un pubblico ufficiale abusando delle proprie funzioni. La pena può arrivare sino all’ergastolo se il colpevole realizzi il fatto ai danni di un minore procurandone altresì la morte.
E’ prevista inoltre dall’articolo 605 la possibilità di ottenere una diminuzione sostanziosa della pena (fino alla metà) per l’imputato che si sia adoperato perché il minore sequestrato riacquisti la propria libertà, o che abbia collaborato con le autorità per scongiurare conseguenze ulteriori dovute alla propria attività criminosa (ad esempio aiutando nella raccolta di elementi di prova decisivi per la cattura di un complice).
Il reato di sequestro di persona si pone a tutela del bene giuridico della libertà personale, e si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la privazione della predetta libertà.
Trattandosi di un reato permanente, per potersi configurare occorre che la restrizione della libertà si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile, che sia tale da procurare la lesione del bene giuridico protetto.
Costringere l’ex ad una conversazione configura il reato di <<violenza privata>> o di <<sequestro di persona>>? La Corte di Cassazione fa chiarezza sul punto.
La Corte di Cassazione si è pronunciata recentemente inquadrando tale condotta nell’alveo della <<violenza privata>>, ponendo l’elemento distintivo rispetto alla fattispecie di <<sequestro di persona>>: quest’ultimo reato (più grave dal punto di vista sanzionatorio) ritenuto senz’altro differente dal punto di vista del bene giuridico tutelato.
A sostegno di tale decisione, infatti, vi è la circostanza che nel caso concreto la volontà dell’imputato non era finalizzata a limitare la <<libertà di movimento>> della vittima (bene giuridico protetto dal reato di <<sequestro di persona>>), ma piuttosto a comprometterne la <<libertà psichica>> (bene giuridico tutelato dal reato di <<violenza privata>>).
La volontà dell’imputato era infatti quella di <<avere il tempo necessario per conversare con la donna, costringendola pertanto ad entrare in auto ed a subire un dialogo con l’imputato non voluto <<…>>, realizzando in tal modo l’elemento oggettivo tipico del delitto di violenza privata, al quale la sua volontà era diretta>>.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione Penale Sez. V con la sentenza n. 2480 del 2021.